Ortega è un cognome particolare per la Serie A. C’è un giovane talento che potrebbe arrivare nel nostro campionato, ci fu un altro elemento che però non riuscì ad imporsi.
Quando si parla di calciatori argentini, nel nominare Ortega c’è sempre un sussulto. Sia nel presente che nel passato, un cognome come quello è difficile da scordare. In particolar modo è tornato di moda per le società italiane che cercano di trattare Francisco Ortega, asso del Velez in procinto di compiere un grande salto.
Il suo tempo in Argentina è ormai finito, per caratteristiche tecniche e anche tattiche appare finalmente maturo per il calcio europeo, soprattutto per quello italiano. È un esterno sinistro di ottima corsa, può giocare come laterale basso nel reparto a quattro difensivo, ma anche largo quando il centrocampo si allarga a cinque. Non è nemmeno malaccio se provato come ala classica da 4-4-2. Perciò, la polivalenza in campo è un aiuto in più per Francisco Ortega, che ha una quotazione sempre crescente.
Con il contratto in scadenza il 31 dicembre 2024, l’impressione è che arriverà in Italia – o in altri club europei – a suon di milioni. L’interesse è notevole, Torino, Roma, Milan e altre società hanno chiesto ben più di un’informazione.
El burrito, quanti ricordi
Parlando di Ortega, la mente va quasi alla fine degli anni Novanta, quando il River Plate aveva un numero 10 che sembrava poter salire sul tetto del mondo. In Italia lo conoscemmo nella finale intercontinentale contro la Juventus, quando mise in difficoltà – pur da sconfitto – la difesa bianconero.
Ariel Ortega arrivò in Europa e precisamente nel Valencia nella stagione 1997-98 dando sfoggio del suo talento arrabbiato. Proprio dopo il mondiale francese, arrivò in Italia. La Sampdoria investì qualcosa come 23 miliardi di lire e si ritrovò alle dipendenze di Luciano Spalletti. Il suo problema era la collocazione tattica, senza per questo disdegnare il talento. Andato via Juan Sebastian Veron, toccava ad Ortega rilanciare la quota albiceleste e di fantasia in mezzo al campo.
Da trequartista se non da mezza punta giocò la sua prima annata italiana, la Sampdoria andò in Serie B, l’argentino cercò di fare qualcosa. 27 partite per lui, 8 reti e la sensazione che poteva meritare un’altra chance nella massima serie.
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Il Parma per 27 miliardi rilevò il cartellino, portandolo in un club appena trionfante in Coppa Uefa. Con Alberto Malesani il feeling non fu strepitoso, lo testimoniano le 18 presenze e 3 reti dell’argentino. Che trovò una sola giornata di gloria in casa contro il Torino, e dimostrò di non essere l’ideale per la continuità. Molti tifosi ricordano quasi come un incubo il suo sorriso, non certo un gran biglietto da visita.